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domenica 24 aprile 2011

Pasqua 2011

“...non avevano ancora compreso la Scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti” (Gv 20,1-9)

Sta mattina mi sono svegliato dicendo con il cuore e le labbra: Cristo Gesù è nostro Signore! Se Cristo fosse morto, non avrei potuto professarlo come il Signore del cielo e della terra.
Credo nell’incarnazione di Gesù, credo nella sua predicazione, credo nei miracoli strepitosi che ha compiuto, credo nella sua morte in croce; ma se il mio credo si fermasse qua non sarei cristiano. Vana sarebbe la mia fede; sarebbe una fede sterile: senza speranza, senza carità.

A che mi gioverebbe la fede in Cristo Gesù solo umano e storico? A nulla. Genererebbe in me solo una grande illusione e delusione: quella stessa illusione e delusione che sperimentarono gli Apostoli subito dopo la sua morte.
Sono cristiano, perché credo che Gesù Cristo è vivo e risorto.
Voglio annunciare l’incarnazione di Cristo. Voglio annunciare la sua predicazione e la sua morte, ma voglio proclamare anzitutto che Cristo è morto ed è risorto. Voglio gridare al mondo il fatto di cui sono testimone: Cristo è risorto!
Un monaco russo, dopo alcuni anni di assidua preghiera e meditazione, ritornando nel mondo pieno dello Spirito del Risorto, accoglieva le persone che, attratte dalla sua santità, si recavano da lui, con questa proclamazione di fede:”Gioia mia, Cristo è risorto!”. Il mondo, tutto il mondo, l’uomo, tutta l’umanità attende questo fatto, questo annuncio: Gesù era morto, ora è vivo!
Il cristianesimo non è solamente cultura, non è semplicemente uno stile di vita, non è una filosofia esoterica, non è una religione e basta; se fosse una di queste cose, non mi direbbe niente di nuovo o di diverso da tante altre teorie, pensieri, filosofie; Cristo sarebbe uno tra tanti. Allora cosa è il cristianesimo? È una persona da accogliere e da amare, è Gesù Cristo, vivo e risorto, Signore della vita, davanti al quale ogni ginocchio si piega. Con Gesù, la morte, la temuta morte, non è più. Il Venerdì santo, Gesù con la sua morte ha ucciso la morte in lui per noi. Egli è risorto e se crederemo in lui, osservando la sua parola, anche noi risusciteremo dopo di lui, come lui, grazie a lui. Se giunge agli orecchi degli uomini la notizia che la morte è vinta, allora il rischio non è più un rischio, il sacrificio non è più un suicidio, l’invecchiamento non è più una catastrofe, la vita non è più una prigione. Ecco, arriva la morte e l’uomo lascia questa vita volando via...
“Gioia mia, Cristo è risorto!”
Egli è perpetuamente presente nella mia vita. È sempre con me. Non si fa vedere, ma si fa sentire. Non si fa udire, ma mi parla. Egli è sempre pronto a donarmi (se lo voglio) speranza e carità.
È cosa buona e giusta annunciare il mistero della morte di Gesù Cristo per ringraziarlo e lodarlo, ma se ci fermassimo solo a questo annuncio, ci sarebbe il pericolo di credere a un Cristo umano e storico. Gli uomini  non avrebbero  nessun dono, nessuna grazia, nessuna speranza se non fosse capace di impedire loro di morire. La liturgia della Pasqua annuale ci ricorda con forza che bisogna essere testimoni, in parole ed opere, di questa stupenda e gioiosa notizia: “Cristo è veramente risorto. È vivo, perché l’ho incontrato!”.

L’ARCIPRETE-PARROCO 
don Domenico Sòdaro