di Vito Andrea Bovi
Un giorno, mi sono posto una domanda: “Se fossi candidato sindaco, quali sarebbero le priorità nel mio programma elettorale?”.
Partirei da una convinzione di fondo: il Sindaco e i suoi più stetti collaboratori sono anzitutto i rappresentanti, i tutori, i fautori del bene comune. Già dire questo fa venire un po’ i brividi. Il bene comune comporta la consapevolezza che si tratta di un bene che riguarda ogni cittadino, inteso in quanto persona come soggetto di diritti; e dal fatto che naturalmente è soggetto anche di doveri deriva che il bene si fa comune perché ogni cittadino fa parte di una comunità, la quale appunto è un insieme, si spera armonico, di diritti e di doveri. In sintesi, il bene comune riguarda il bene della comunità, che è composta di soggetti con diritti e doveri. Mi riferisco, ad esempio, alla crisi socio economica che Ciminna sta vivendo, segno evidente della fine di un modello di sviluppo che, sia pure tra limiti e contraddizioni, ha garantito, per anni, crescita, occupazione e benessere.
Oggi la nostra comunità vive drammaticamente, sulla propria pelle, le conseguenze di questa crisi, per molti aspetti più grave rispetto ad altre aree del Paese e dello stesso Meridione, ed è nodale riuscire a comprendere come la difficoltà non si componga solo di "dati" numerici (crescenti perdite di posti di lavoro fra gli occupati, conseguenze drammatiche per le famiglie interessate, aumento di disoccupazione tra i giovani), ma si articoli soprattutto nella percezione generalizzata di una totale assenza di futuro nelle e per le giovani generazioni e nella consapevolezza che, di nuovo come un tempo, l'emigrazione, intellettuale o manuale, sia una delle poche risposte possibili.
Una situazione resa, se possibile, ancor più drammatica dalle scelte scellerate del governo centrale che, da anni in verità e con un crescendo degno di miglior causa, scarica sulle autonomie locali il compito di tagliare servizi e aumentare la pressione fiscale. Altro che governi amici, quando il cittadino percepisce il proprio sindaco, o il proprio assessore, non come un alleato, piuttosto come un gabelliere. Tutto questo, però, non è sufficiente a spiegare fino infondo la debolezza che ha portato molte delle maggioranze decretate dalle passate elezioni amministrative a traballare e a sgretolarsi, Un segno evidente che, al di là delle questioni propriamente specifiche di ognuna delle esperienze in gioco, un minimo comune denominatore ci deve essere. Io lo definirei debolezza delle classi dirigenti territoriali o, per essere più preciso, incapacità e difficoltà delle classi dirigenti a elaborare per tempo risposte credibili a quella crisi del modello di sviluppo di cui parlavo prima e alle pressioni delle comunità locali. Un venir meno al proprio compito che può rivelarsi in molti modi. Ad esempio, nel tormentone politico amministrativo, notevolmente diffuso e trasversale, di trascorrere i primi anni del governo di una città, o di una Provincia, a scaricare tutta la responsabilità di una assenza di progetto sul governo precedente e sulle difficoltà di bilancio lasciate in eredità. Chi legge le pagine dei quotidiani è testimone passivo di lamentazioni e scaricabarile, e se accade quasi dovunque m i viene da pensare che non sia solo una questione di cifre in bilancio.
Il nodo è un altro, e lo riassumo così: vincere una competizione elettorale, oggi affidata molto più che in passato a sapienti maquillage, a poche ma sicure frasi ad effetto, alla capacità di "narrazioni", a una buona e persuasiva campagna pubblicitaria, non significa sempre e automaticamente capacità di buon governo e sintonia con i problemi concreti del paese che si governa. Oltretutto in un momento in cui buon governo significa una relazione strettissima, e sapiente, tra politica e amministrazione.
Vincere le elezioni è possibile, per molte e variegate ragioni, e per la capacità di comporre, in fase elettorale, interessi spesso contrastanti se non antitetici. Il governo "vero" delle cose richiede però una capacità e un sapere non automatici né scontati. Ancora meno scontati e più necessari in un momento come il nostro in cui la rabbia e la disperazione dei cittadini hanno come terminale immediato proprio l'amministrazione locale e le scelte in campo. La pressione dei cittadini sui rappresentanti istituzionali più vicini a loro, i Sindaci, può diventare fortissima, e spesso le amministrazioni locali non riescono a elaborare progetti per le proprie comunità all'altezza della posta in gioco, dotandosi di strumenti di governo innovativi ed efficaci, e soprattutto ad essere percepite come garanti del bene comune. Quando parlo di classi dirigenti territoriali non penso però solo a sindaci, o ad assessori. La mia esperienza mi porta a dire che una classe dirigente, relativamente ad un'Amministrazione locale, non si compone solo di chi viene eletto, ma è fatta anche dei dirigenti che governano la macchina amministrativa, dei funzionari, di chi ogni giorno si misura e si rapporta con il cittadino. Un aspetto spesso poco valutato adeguatamente, per la incapacità, interna ai Comuni, di valorizzare adeguatamente saperi interni, e per la ricaduta che uffici poco adeguati e poco efficaci possono provocare. Poi, perché rifletto sulla capacità di un intero territorio di elaborare un modello di sviluppo credibile, mettendo in campo gli strumenti necessari ed adeguati a concretizzarlo. Esiste oggi in questo territorio l'idea di un modello di sviluppo capace di sostituirsi a quello che per 50 anni ci ha caratterizzati? Quando pensiamo a Cimnna del futuro, che cosa ci viene in mente? E, soprattutto, ci viene in mente qualcosa su cui già oggi siamo in grado di dire e di confrontarci? Ecco, io credo che la difficolty grande con cui dobbiamo fare i conti sia di questa natura e che dinanzi a questa "vacanza" delle cose, sulla scena pubblica avanzi, sempre più spesso, chi immagina di poter ottenere dalla politica una rendita di posizione per sé o per la propria famiglia, e non chi crede di poter dare un contributo al futuro delle comunità con la propria capacità e la propria competenza.
La ragione sarebbe troppo facile: la politica è una cosa sporca, allontana i giovani e le brave persone, non ha bisogno di competenze, anzi le osteggia in tutti i modi e con tutte le maniere. E' una brutta idea delle cose, esito di una fase complessa che il nostro paese ha vissuto e continua a vivere e che troppo sbrigativamente indichiamo come idea berlusconiana della politica poiché permea di sé trasversalmente persone e cose. Mi permetto di dire: oggi che il vento sembra cambiare, anche a Ciminna, occorre che si affaccino, da protagonisti, sulla scena politica i volti di coloro che possano dare, e ricevere, solo la gratificazione di essere al servizio delle proprie comunità. Forse anche così si eviterebbe il collasso di molti governi cittadini.
Vorrei chiudere con una citazione che può essere interpretata sotto tanti aspetti e che spero sia di buon auspicio: "La politica è l’arte nobile di prendere voti dai poveri e fondi elettorali dai
ricchi, promettendo di proteggere gli uni e gli altri”.
1 commento:
la politica, caro Bovi,non è sporca! la si fà diventare sporca chi nel proprio ruolo politico, si comporta in modo sporco, ma la politica è un arte nobile a servizio della comunità!!!!Qui a Ciminna ci conosciamo tutti, basta dare una valutazione sulla persona candidata.Il termine deriva dal latino candidatus, vale a dire colui che indossa una "toga candida". Ai tempi della Roma antica, infatti, coloro che si presentavano alle elezioni dovevano indossare una toga bianca per distinguersi, la toga bianca era sinonimo di purezza! Oggi non è più così, basta guardare al parlamento, 84% hanno riportato condanne più o meno gravi ecco perchè probabilmente nella testa del cittadino comune vi è la convinzione che la poltica sia qualcosa di sporco!! I Ciminnesi sono convinti che Ciminna sia in una fase di declino irreversibile, io personalmente non la penso così, nel senso che sì ciminna vive una fase molto difficile, ma è facile scaricare le colpe verso chi ci amministra, non dimentichiamoci che siamo stati noi ad eleggere i nostri rappresentanti, il Sindaco, i consiglieri e anche gli assessori poichè loro erano stati nominati in caso di vittoria, Siamo alla vigilia delle Amministrative comunali che si svolgeranno la prossima primavera e già i vari attorri si sono messi in moto, qui possiamo contare una decina di gruppi politici, ma veramente pensiamo che tutti questi nuovi e vecchi gruppi politici vogliano il bene del nostro paese o si siano costituiti tali x poter avere più contrattazzione e ottenere quello a cui si ambisce? il Potere!! l'ambizione è leggittima, ma alla fine chi ottiene il potere si penserà alla comunità o al tornaconto personale, magari utilizzando la figura di un candidato che può apparire pulito e magari con una famiglia ampia in grado di garantirle un bel gruzzolo di voti?!?!se si continuerà a fare politica avendo come fine sempre le prossime elezioni senza guardare alle generazioni presenti e future non si farà mai il bene delle comunità!!!!!
Posta un commento