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martedì 20 marzo 2012

"Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese".

di Filippo Leto
Era il 1962 quando il presidente americano J.F.Kennedy pronunciava la celebre frase sopracitata, ma a distanza di cinquant’anni quelle parole sembrano più attuali che mai e dovrebbero farci ragionare. Molti prendono le distanze da queste parole, considerandole lontane e non inerenti alle proprie realtà, sia che esse siano locali, cittadine o addirittura nazionali. Ma facendo un breve viaggio nella nostra memoria, non dovrebbe essere difficile scovare fra i propri pensieri l’eco di frasi dette e sentite, quali: “Perché nessuno fa niente? Lo Stato dov’è?” ma soprattutto “la colpa è di chi ha amministrato o attualmente amministra la cosa pubblica…”.
Sebbene tutti siamo abili nel far rimbalzare le colpe di ciò che non va, raramente si trova chi si fa baluardo del problema e cerca una risoluzione personale ed efficacie, ma soprattutto senza perder tempo in futili motivazioni. In Italia non si muove un dito e non si emette parola se non per lamentarsi del cattivo operato di qualcuno e sembra essere inchiodata ad una tastiera la voglia dei giovani e non, di cambiare in meglio qualcosa. È sicuramente vero che chi governa dovrebbe spronare il proprio popolo all’iniziativa, di gruppo o individuale, finalizzata al bene comune, ma la mancanza di un interesse dai piani alti non può e non deve essere una giustificazione per non agire e rimanere cittadini passivi. Ma se l’agire a livello nazionale può comportare un grande impegno, a volte anche non sostenibile, si può abbattere questo stato di passività iniziando ad agire nel proprio piccolo o in realtà più alla mano (un paese, un quartiere, una parrocchia). Ma anche nelle piccole realtà il cittadino del terzo millennio non agisce e sembra aver perso l’inventiva, ed insieme ad essa la voglia di collaborare per un bene comune, e quindi anche proprio. Contestualizzando il discorso precedentemente fatto ad una realtà di paese le cose da dire sarebbero molte e soprattutto bisognerebbe dividerle in diversi spazi temporali. Per prima cosa, i nuovi giovani sono cresciuti con una mentalità dannosa e basata sul “perché devo farlo io?” ma, ancor più grave, con un pensiero che li porta a non apprezzare l’impegno fatto da gente volenterosa che spesso viene anche vergognosamente criticata e additata come un azione per trarne interesse personale. Ovviamente non si possono considerare esentati dalle colpe le generazioni più anziane, alle quali vanno la colpe per aver forviato e cresciuto con idee e principi sbagliati i nuovi giovani e tutt’oggi continuando a dare il cattivo esempio. Il volontariato diminuisce giorno dopo giorno, le opere pubbliche e le bellezze artistiche continuano ad essere denigrate e poco sfruttate, l’iniziativa comune ha toccato i minimi storici, ma continua a crescere vertiginosamente l’idea che una soluzione a tutto deve arrivare dall’alto. E se non arrivasse? Vogliamo stare ancora a lamentarci con le mani in mano nei bar, proponendo soltanto a parole grandi rivoluzioni? Se in qualcosa ci si crede e la si vuole, per essa si combatte fino ad ottenerla. E se si pensa che bastino soltanto parole ed una buona retorica, ci troviamo in contraddizione con il pensiero di un grande saggio come Seneca, il quale afferma nelle Lettere a Lucillo, che “La filosofia insegna ad agire, non a parlare”.

2 commenti:

Vito Andrea Bovi ha detto...

Mai frase è stata coniata così giusta....! chissà se i nostri politicanti ciminessi la capiscono a fondo...Mah! ne dubito.

Anonimo ha detto...

"La filosofia insegna ad agire, non a parlare". Bellissima frase, fa pensare ai tanti discorsi avuti con le persone di ogni colore politico, e che in questi giorni sono raddoppiati per via dell'imminente campagna elettorale.
Il problema vero e proprio è che secondo me i giovani non sono liberi come dicono. Esistono vincoli di parentele e una depressione mentale causata dalla mancanza di un futuro.
Parlare al bar per molti può essere anche uno sfogo, ma con le parole grandi non si fa la rivoluzione.
Bisogna cambiare la mentalità, sentirsi liberi fino in fondo avendo la capacità di costruire il proprio futuro senza paura e senza rendersi schiavi di chi promette o può promettere. Sono incubi che non 2000 devono essere superati, è un sistema che va modificato. Bisogna ricordare poi che se qualcuno fa il proprio dovere non ci ha fatto un favore, ma un azione ordinaria frutto della sua professione.
Pensate e agite senza paura, se credete in qualcosa dovete farla.
E' un pensiero valido in tutti i campi, ricordatevi che chi fa qualcosa può sbagliare, solo chi non fa niente non sbaglia. Non abbiate la paura di fare o semplicemente di essere.
Rendetevi protagonisti del vostro destino.