In una mostra fotografica, la guerra coloniale raccontata da un soldato.
Un vero e proprio reportage di guerra di 75 anni fa è quello di Francesco Monastero (1905-1982), infermiere originario di Ciminna, in provincia di Palermo, che è stato arruolato nelle operazioni militari per la conquista dell’Etiopia dall’ottobre del 1935 al maggio dell’anno successivo.
prof Santo Lombino |
Durante i sette mesi di partecipazione al conflitto, Monastero, che svolgeva la mansione di "infermiere portaferiti" ha raccolto, con le tre macchine fotografiche portate con sè, moltissimi scatti, che poi sviluppava al chiarore di qualche fiammifero su carta di fortuna di dimensioni assai limitate.
Un centinaio di queste foto, incollate su un comune album da disegno, ritrovato nei cassetti familiari dalla nipote Giovanna, consentono di ripercorrere il viaggio del soldato fotografo con le truppe partite dall’Eritrea sotto il comando del generale Pietro Badoglio nelle terre del Corno d’Africa, tra antiche popolazioni ricche di cultura e tradizioni, depositarie, tra l’altro, dei riti del cristianesimo copto.
La mostra “Etiopia 1935-36” organizzata a Ciminna dall’Unione dei Comuni “San Leonardo”, ed il ricco catalogo illustrato edito da Adarte Editori ed a cura di Giovanna Monastero e Santo Lombino, danno ai visitatori-lettori la possibilità di rivedere i soldati e le camicie nere italiane ed etiopiche in movimento, i prigionieri in catene, le testimonianze visive della resa di centinaia di “partigiani e ribelli” muniti di armi rudimentali contro le artiglierie i carri armati, gli aerei italiani, delle abitazioni di paglia e fango presso cui lavorano le donne e giocano i bambini, istantanee con scene di familiarità con animali esotici come dromedari e scimmie usate come mascotte dai soldati italiani.
Grazie alla conservazione degli originali, un gruppo di studiosi, riuniti nell’associazione “Millestorie” ha potuto rintracciare negli archivi dell’Ufficio Storico dello stato maggiore dell’Esercito italiano le diverse tappe dello scontro militare, ma allo stesso tempo ha potuto analizzare gli atteggiamenti e lo “sguardo antropologico” di un soldato siciliano attento alle differenze, ai drammi umani di una popolazione aggredita da un esercito straniero quanto mai numeroso, senza neanche conoscere il perché. La propaganda del regime fascista ha dipinto poi l’aggressione come un’impresa che avrebbe portato agli abitanti dell’Etiopia le conquiste della civiltà italiana ed europea e fornito all’Italia di Mussolini materie prime, risorse naturali e “posti al sole” per i disoccupati meridionali. Anche da queste foto possiamo capire come in realtà la guerra sia stata portatrice di immani distruzioni e di morte nelle campagne e nei villaggi, di discriminazione razziale, di aggressioni dal cielo con uso di gas tossici.
L’uso di gas vescicanti come l’iprite è stata massicciamente utilizzata dall’aviazione italiana contro soldati e popolazione civile, pur essendo stato messo al bando con la Convenzione di Ginevra del 1925 firmata anche dallo Stato italiano. Per decenni le forze armate italiane avevano negato tali crimini, ed i vertici militari avevano opposto un saldo ed inespugnabile “muro di gomma” alle richieste di tanti studiosi del colonialismo e delle guerre italiane, come Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Nicola Labanca ed altri. A loro veniva reso difficile e lento l’accesso alla documentazione conservata negli archivi dello stato maggiore, che avrebbero dovuto essere messi a disposizione della ricerca storica.
La presentazione del catalogo, svoltasi a Ciminna il 30 aprile, è stata coordinata da Vito Anzelmo ed ha visto gli interventi del sindaco Giuseppe Leone, di Giovanna Monastero nipote dell’autore, degli studiosi Santo Lombino e Roberta Melluso, che hanno dato le coordinate spazio-temporali per contestualizzare l’esperienza militare di Francesco Monastero. Sono inoltre intervenuti Roberto Brunetto dell’associazione di amicizia Italia-Etiopia “Axum” di Messina e il prof. Mario Bolognari, docente di Antropologia alla facoltà di Lettere dell'Università di Messina, impegnati in progetti di ricerca e di cooperazione allo sviluppo delle popolazioni etiopiche.
Il prof. Bolognari ha affermato che la guerra coloniale dell’Italia fascista è stata feroce ed ingiustificabile, e negli anni trenta e quaranta del secolo scorso si è mostrato verso le popolazioni africane un atteggiamento razzistico codificato dalle leggi razziali del 1937-38, ma purtroppo presente nel nostro Paese (anche presso eminenti antropologi ed etnologi) anche prima dell’affermazione del regime fascista. Ciò nonostante, dopo la fine della occupazione coloniale ai civili italiani rimasti nel corno d’Africa dopo la guerra, le autorità e gli stessi cittadini etiopici hanno teso loro la mano per collaborare, per risorgere dopo il conflitto distinguendo tra regime fascista e popolo italiano. Le classi dirigenti e gli intellettuali dell'Italia repubblicana, invece, hanno completamente "rimosso" la nostra storia coloniale e non si sono fermati a riflettere su tale esperienza, a causa dei sensi di colpa che si sono innescati e non sono mai stati "elaborati" fino in fondo. Anche da questo mancato "fare i conti” con il passato, nascono le manifestazioni e i sentimenti di razzismo che stanno riemergendo negli ultimi decenni in vasti strati della società italiana, soprattutto verso gli immigrati provenienti dal “continente nero”.
La mostra, visitabile tutti i giorni dalle 16 alle 20, è esposta al Polo museale dell’Ex Ospedale Santo Spirito di Ciminna fino all’8 maggio prossimo.
Elio Sonipes
l'architetto Vito Anzelmo |
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