di Giuseppe Nigliaccio
In Italia esistono diverse associazioni e club dai nomi quantomeno originali. Se dinanzi ad associazioni dai nomi come “Amici dei porcellini d’india” o “ Amici degli amici dei porcellini d’india” nasce una spontanea e genuina ilarità, ci sono dei nomi, e soprattutto delle associazioni, che ci suggeriscono delle riflessioni decisamente meno giocose. Sperando di non essere accusato di parzialità, scendo subito nel particolare: mi riferisco ai cosiddetti Promotori della Libertà. Cercherò adesso di mostrare perché associare alla parola libertà il termine promotori, non sia segno di reale vocazione democratica.
Promuovere deriva dal latino pro (verso, dinnanzi..) e movère ( muovere, spingere a..): pensiamo appunto alle decine di promoter che nei grandi ipermercati quotidianamente e solertemente ci mettono dinanzi prodotti di cui spesso, senza un’adeguata promozione, non sapremmo neanche dell’esistenza. La promozione implica e presuppone un movimento necessario fra acquirente e prodotto, movimento che, figuratamente, ci possiamo immaginare come il gesto di una persona che, avvicinandosi ad uno scaffale stende il braccio per prendere il prodotto desiderato. L’attività di promozione nasce con la finalità di accorciare il più possibile la distanza del movimento necessario fra acquirente e il prodotto, cercando così di ottimizzare le vendite. Possiamo quindi dire che il presupposto dell’attività di promozione è che senza un’adeguata opera di pubblicizzazione difficilmente il consumatore sceglierebbe/sarebbe in grado di scegliere quel determinato prodotto. Ciò va tutto sommato bene quando in gioco c’è una marca di biscotti rispetto ad un’altra, ma cosa succede quando ci si arroga la missione di promuovere la libertà? Per rispondere a questa domanda dovremmo innanzitutto chiederci cosa sia realmente la libertà. Molti grandi uomini hanno cercato di rispondere a questa domanda, fornendo ognuno il proprio contributo. Riepilogare o tentare la sintesi delle riflessioni di tanti grandi pensatori è un’impresa titanica. Qui mi limito a sottolineare un aspetto all’apparenza marginale, ma in realtà molto importante. Molto spesso la libertà è stata messa in relazione con la dimensione del gioco, non perché venga considerata qualcosa di futile, ma perché qualsiasi gioco presuppone solamente due cose: delle regole chiare, e che queste regole valgano per tutti i partecipanti, e che quindi nei confronti delle regole tutti i partecipanti siano uguali. Questo ci fornisce lo spunto per arrivare al nocciolo della questione. La libertà non può essere sponsorizzata come un qualsiasi prodotto, perché nel momento in cui il soggetto A si arroga il compito di “promuovere” la libertà di B, il già citato A presuppone che B non sia in grado di esercitare autonomamente la propria libertà. Se B non può esercitare spontaneamente quella libertà che A dice non solo di esercitare, ma addirittura di promuovere, ne deriva che A e B non sono uguali. Se A e B non sono uguali, non lo sono neanche dinanzi alle regole e da ciò consegue che neanche le regole/La legge sono/é uguali/e per tutti, e quindi alla fine possiamo notare come si uccida la libertà autentica nel nome di una pseudo-libertà. Salta fuori qualche similitudine con la nostra situazione attuale? Queste righe non propongono risposte, né vogliono essere facili e sterili atti di polemica politica, ma vogliono essere solamente uno strumento di condivisione. Condivisione della paura che nel nome di una sfrenata esaltazione della libertà, venga a mancare ciò che della libertà è il presupposto, cioè l’imparzialità di quelle leggi che garantiscono l’eguaglianza dei liberi.
Promuovere deriva dal latino pro (verso, dinnanzi..) e movère ( muovere, spingere a..): pensiamo appunto alle decine di promoter che nei grandi ipermercati quotidianamente e solertemente ci mettono dinanzi prodotti di cui spesso, senza un’adeguata promozione, non sapremmo neanche dell’esistenza. La promozione implica e presuppone un movimento necessario fra acquirente e prodotto, movimento che, figuratamente, ci possiamo immaginare come il gesto di una persona che, avvicinandosi ad uno scaffale stende il braccio per prendere il prodotto desiderato. L’attività di promozione nasce con la finalità di accorciare il più possibile la distanza del movimento necessario fra acquirente e il prodotto, cercando così di ottimizzare le vendite. Possiamo quindi dire che il presupposto dell’attività di promozione è che senza un’adeguata opera di pubblicizzazione difficilmente il consumatore sceglierebbe/sarebbe in grado di scegliere quel determinato prodotto. Ciò va tutto sommato bene quando in gioco c’è una marca di biscotti rispetto ad un’altra, ma cosa succede quando ci si arroga la missione di promuovere la libertà? Per rispondere a questa domanda dovremmo innanzitutto chiederci cosa sia realmente la libertà. Molti grandi uomini hanno cercato di rispondere a questa domanda, fornendo ognuno il proprio contributo. Riepilogare o tentare la sintesi delle riflessioni di tanti grandi pensatori è un’impresa titanica. Qui mi limito a sottolineare un aspetto all’apparenza marginale, ma in realtà molto importante. Molto spesso la libertà è stata messa in relazione con la dimensione del gioco, non perché venga considerata qualcosa di futile, ma perché qualsiasi gioco presuppone solamente due cose: delle regole chiare, e che queste regole valgano per tutti i partecipanti, e che quindi nei confronti delle regole tutti i partecipanti siano uguali. Questo ci fornisce lo spunto per arrivare al nocciolo della questione. La libertà non può essere sponsorizzata come un qualsiasi prodotto, perché nel momento in cui il soggetto A si arroga il compito di “promuovere” la libertà di B, il già citato A presuppone che B non sia in grado di esercitare autonomamente la propria libertà. Se B non può esercitare spontaneamente quella libertà che A dice non solo di esercitare, ma addirittura di promuovere, ne deriva che A e B non sono uguali. Se A e B non sono uguali, non lo sono neanche dinanzi alle regole e da ciò consegue che neanche le regole/La legge sono/é uguali/e per tutti, e quindi alla fine possiamo notare come si uccida la libertà autentica nel nome di una pseudo-libertà. Salta fuori qualche similitudine con la nostra situazione attuale? Queste righe non propongono risposte, né vogliono essere facili e sterili atti di polemica politica, ma vogliono essere solamente uno strumento di condivisione. Condivisione della paura che nel nome di una sfrenata esaltazione della libertà, venga a mancare ciò che della libertà è il presupposto, cioè l’imparzialità di quelle leggi che garantiscono l’eguaglianza dei liberi.
10 commenti:
promotori della libertà non è certo una definizione "felice" di coloro che uniti in associazioni o club parteggiano per il PDL.
Non aiuta però, a mio avviso,questo tipo di riflessione che attraverso voli pindarici e con qualche forzatura più o meno velata sulla proprietà transitiva porta a una conclusione sulla imparzialità delle leggi che nulla ha a che fare con l'argomento in questione.
Sarebbe bastato o meglio sarebbe stato più semplice limpido e cristallino affrontare questo argomento criticando direttamente i promotori della libertà e più direttamente il PDL piuttosto che argomentare in maniera così filosofica e strumentale sulla libertà di ciascuno.
Sono argomentazioni che invece di far bene alla sinistra la sotterrano in un inesorabile ruolo di opposizione che non tramonterà così facilmente grazie, o meglio, a causa, anche, di questo tipo di argomentazioni filosofeggianti.
Che la sinistra faccia delle proposte concrete e soprattutto credibili di fronte agli italiani e farsi votare se ci riesce.
Questa commento non è fatto da un berlusconiano; anzi non ho neppure votato PDL per essere sincero.
Gli argomenti il PdL non li fa mancare si aquando si chiamà "casa delle libertà" sia nella immediata attualità... Scilipoti (?!) che si fa promotore del Movimento dei Responsabili ad es....
Più barzelletta di così... Responsabili di che, di mantenere il burdellus quo?
Le legittime obiezioni dell'anonimo delle 00:29 mi offrono l'occasione per fare un po' di chiarezza. Innanzitutto vorrei precisare che essere un convinto oppositore di Silvio Berlusconi non significa di per sé essere di sinistra. Personalmente ritengo che la politica italiana, almeno negli ultimi anni, non consenta schieramenti ideologici, e francamente mi limito a valutare i singoli personaggi politici in base al loro operato o al programma proposto, non per un'appartenenza ideologica. Vorrei precisare anche l'intento del mio contributo, in merito all'accusa di astrattezza del mio discorso. Non ho attaccato direttamente i promotori della libertà perché il fine della mia analisi(sicuramente migliorabile,come qualsiasi "opera" umana) non è attaccare un singolo personaggio politico, quanto analizzare l'insieme di relazioni fra i tre poteri dello stato (soprattutto esecutivo e giudiziario) che in Italia sta assumendo una configurazione secondo me pericolosa. Ripercorrendo la storia delle istituzioni politiche è possibile cogliere, anche in contesti storicamente e geograficamente eterogenei, delle analogie. Sono queste analogie che portano a dire che la storia è maestra di vita, ma queste analogie possono essere colte solamente facendo opera di astrazione, allargando quindi la prospettiva oltre l'immediato contesto politico. Ciò non toglie che l'invito ad una maggiore chiarezza è un invito saggio, e lo accolgo assolutamente. Scendendo questa volta nel particolare della situazione italiana, il problema è il tipo di libertà cui si richiama il Pdl. La libertà propagandata quotidianamente da Silvio Berlusconi(Lo stato non può.. i magistrati non devono etc,etc..) è la libertà che si richiama a quella visione dello stato che Robert Nozick ha definito come Stato Minimo. Stiamo parlando di uno stato che deve ridurre al minimo, appunto, la propria presenza nella vita dei cittadini, che non vengono più considerati come popolo, ma come singoli individui. Ovviamente è auspicabile ad esempio un minor peso della burocrazia statale sulla vita dell'individuo, ma il rischio che si corre è che accanto ad una burocrazia obsoleta, vengano cestinate anche quelle leggi che sono alla base della nostra democrazia. Mi riferisco ad esempio alle leggi che garantiscono istruzione e assistenza sanitaria per tutti (La sanità e l'assistenza pubbliche sono garantite da quelle tasse che possono essere lette come un'invasione indebita dello stato nella vita economica dell'individuo. Non è un caso che negli U.S.A, patria della teoria dello stato minimo non è esistita, fino al tentativo di riforma di Obama, una sanità pubblica).In conclusione, ciò cui noi tutti siamo chiamati è, secondo me, difendere quella libertà che permetta a chiunque di poter godere di un'istruzione adeguata ad esempio,e non quella libertà che vuole solamente limitare il potere dello stato. In una nazione in cui lo Stato è debole sono gli individui benestanti ad essere potenti,e come dice il famoso proverbio il ricco non crede al povero e chi è sazio non crede all'affamato!
sono convinto che Giuseppe non sia uno di sinistra, però credo che come tanti di loro, appaia ossessionato da berlusconi.
perchè non ci limitiamo ad un solo ambito di libertà? Vogliamo parlare della libertà di espressione e/o di giudizio? Vogliamo confrontare il grado di conoscenza, e dunque di libertà, che miei coetanei (o coevi) avevano a disposizione, tanto e tanto tempo fa, per giudicare l'azione politia di un Nixon di fronte al Vietnam o di un Andreotti o Scelba nel disporre "regole d'ingaggio" ai picchiatori di stato contro i giovani, raffrontandolo al grado di manipolazione e mistificazione della realtà che avviene oggi con i media Berlusconiani? Siete in grado, liberamente, di contrastare l'assoluto travisamento della verità, che giorno x giorno, ci viene propinato dalle reti Rai, Mediaset, SKY giornali locali e nazionali? Riuscite a comprendere minimamente chi ha ragione e quando tra il silvio e la magistratura: non vi viene da paensare che senza tutti questi dipietrini, scillipottiani giudici duri e puri, tutta gente che grida al lupo al lupo oggi non ci saremmo liberati del nano nazioanale?
"Ciò che mi conviene è giusto"
Il motto con i tempi che corrono potrebbe esse fatto proprio non solo dal presidente del Consiglio dei Ministri.
Per le persone per bene, che non vivevano in una nuvoletta, era normale pensare che qualche caimano circolasse e che non fosse difficile catturarlo.
Oggi ci si chiede se i continui disastri ecologici non abbiano provocato l'estinsione delle persone per bene.
E' nflussu d'aria?
Il presidente Napolitano non può o meglio non vuole ricorrere allo scioglimento delle Camere perchè riconosce che la forza del capitale economico di Berlusconi, che porterebbe in piazza milioni di fanatici prezzolati, condurrebbe ad una guerra civile (già da tempo Berlusconi pone questo spauracchio). Le opposizioni tanto stupidamente democratiche non vogliono fare il Pietro Micca di turno e dar fuoco alle polveri... Non hanno ancora capito che se si va avanti così non esisteranno più nemmeno fisicamente. Ormai il colpo di stato di Berlusconi è in atto "Partito unico", dittatura dell'amore e della libertà (termini che non hanno più lo stesso significato che trovate negli ormai obsoleti dizionari della lingua italiana). Berlusconi ha cambiato i dizionari ecco perchè la sinistra non ci capisce più un fico secco.
Nonn è un ritardato pesce d'aprile
E' stato presentato alla Camera dei deputati un ddl recante norme sull'abolizione della norma costituzionale che vieta la ricostituzione del disciolto PnF (partito nazional fascista) e istituisce il reato di apologia del fascismo.
Berlusconoi ha finito l'elenco dei nomi che vuol dare al suo partito e deliberatamente si candida ad erede naturale del DUX?
all'anonimo delle 20:01
erede naturale? non bestemmiare, neanche le scarpe gli può lustrare
Così com'è è già un falso ben riuscito; e poi chi si ricorda più dell'originale?
La più azzeccata delle defizioni sul berlù l'ha data la bonarmuzza di Cossiga "è un venditore"
Quello là è in grado di venderti le mutande che indossi a caro prezzo e farti credere che ti ha fatto uno sconto e averti dato in regalo il doppiopetto gessato che hai nell'armadio.
Non ci credi?
"Provare per credere!" come diceva un vecchio slogan pubblicitario di una ditta in gravi difficoltà.
E' da una vita che ci proviamo ma una cospicua maggioranza di italiani ci voli viriri i pila comu dissi Peppirappa... Ancora?
Ma in chi paese viviamo se uno non può rubare onestamente e liberamente. Voglio essere libero di rubare, di telefonare ai miei "amici" in santa pace. Questi giudici comunisti, mangia bambini a tradimento. Per rubare liberamente siamo costretti a fare delle leggi al parlamento!!!! Cose da pazzi!!! Al Parlamento!! Ma che cos'è sto "Parlamento"? Una perdita di tempo, perchè se fossimo liberi, ma veramente liberi, non ci sarebbe bisogno di fare leggi ad personam et ad amicis.
Comunquemente e liberamente vi auguro per voi, con i vostri discorsi anarchici e post filosofici, chiù pilu pi tutti, a destra e a manca!!!
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